09/04/13

Albero o bonsai? Il potenziale esistenziale


Quel lungo viaggio nell'animo umano...
grandi interrogativi sull’uomo, la sua esistenza, il suo rapporto con il mondo e con la realtà che lo circonda… da sempre hanno inquietato il pensiero umano, stimolando riflessioni e sempre nuove domande, e spingendolo verso un lungo viaggio avventuroso, dalle mete ignote, passando attraverso le strade più imprevedibili e sentieri impervi e nascosti. 
La psicologia come “scienza dell’anima” nasce in seno alla riflessione filosofica in tempi lontanissimi, sin dai primi grandi pensatori della cultura greca, per arrivare ai nostri giorni, passando attraverso sempre nuove consapevolezze e arrivando a delineare paesaggi dai contorni più diversi. 
Ad un certo punto del suo cammino, sganciandosi progressivamente dalle sue origini filosofiche, la psicologia è andata sempre più definendosi come una disciplina autonoma, cercando di avvicinare lo studio della mente umana alle metodologie e agli strumenti di indagine delle scienze naturali; la psicologia scientifica, accantona, così, per un breve tratto di strada i grandi interrogativi esistenziali, per aprirsi ambiziosamente al rigore e all’oggettività della scienza. 
Tuttavia, anche dietro all’entusiasmo suscitato dal pensiero positivista, non si può non continuare ad intravedere un'inesauribile sete di conoscenza sull’uomo e sul suo modo unico e irripetibile di “essere al mondo”, unita alla necessità, quasi ossessiva, di controllare e rendere prevedibili gli eventi affettivi, cognitivi e comportamentali, che continuamente sorprendono la sua esistenza. 
Ecco perché lo studio della psicologia, riapre, ad un certo punto della sua storia, la strada attraverso l’anima più profonda dell’esistenza umana, riavvicinandosi ai grandi temi filosofici dell’umanesimo e dell’esistenzialismo. 

La terza strada
Verso la metà del secolo scorso, il panorama mondiale della psicologia appare così dominato da due opposte correnti: il comportamentismo, nato nei laboratori di psicologia animale, legato al rigore del metodo scientifico, che ambiva a controllare il comportamento umano, concependolo semplicemente come la risultante complessa di una serie di meccanismi fisiologici, altamente prevedibili, in parte innati, in parte appresi attraverso condizionamenti esterni, di tipo stimolo-risposta. Dall’altra, la psicoanalisi freudiana, nata negli ambienti borghesi di una Vienna dei primi del ‘900, e fortemente influenzata dalle scienze biologiche, che vedeva l’essere umano come dominato da un continuo ribollire di oscure e inconfessabili pulsioni, inconsce e spesso distruttive, che ne plasmavano la personalità e ne condizionavano l’esistenza. 

In questo insolito paesaggio, si apre un varco, intorno agli anni ’60 un gruppo di studiosi americani, che pian piano arriva a delineare quella che viene comunemente definita la "Terza forza della psicologia": la corrente umanistico-esistenziale
Ritenendo i tradizionali approcci insufficienti a dare una risposta soddisfacente ai grandi interrogativi esistenziali di ogni tempo, ma sopiti e mai completamente risolti, questi studiosi rimettono al centro della loro riflessione l’uomo, come protagonista della sua esistenza, riconoscendogli capacità di crescita e autodeterminazione. 
Dove “l’uomo comportamentista” era rigidamente determinato dai condizionamenti provenienti dall’ambiente esterno, e "l’uomo della psicoanalisi freudiana", veniva plasmato da forze interne che spesso sfuggivano al suo controllo cosciente, nella psicologia umanistica, l’individuo si riappropria della sua consapevolezza e della sua capacità di autodeterminazione, divenendo l’artefice del proprio destino, attraverso le sue scelte, indipendentemente dalla forza di qualunque condizionamento interno o esterno. 

Il cammino verso l'autorealizzazione: la teoria di Carl Rogers
In questo clima di rinnovamento e rivoluzioni intellettuali, un contributo geniale e innovativo viene dalla riflessione di Carl Rogers - meglio nota come la “Terapia centrata sulla persona” - che prendendo distanza dagli approcci clinici tradizionali elabora una nuova psicologia della salute inserendosi nel filone delle cosiddette “relazioni di aiuto”. 
 Laddove, per secoli, prima con la psichiatria tradizionale e poi con la psicoanalisi freudiana, la preoccupazione della psicologia clinica era stata quella di porre rimedio alle oscure patologie che affliggono l’animo umano, la teoria rogersiana restituisce una visione dell’uomo essenzialmente positiva, che va focalizzarsi sulle sue “parti sane”, piuttosto che sugli aspetti “malati”. 

In ogni individuo esiste una potenzialità innata, che Rogers chiama tendenza attualizzante, che preme verso la crescita, nella realizzazione del proprio potenziale esistenziale e lo sviluppo di tutte le capacità del Sé. Essa agisce come un’energia positiva che imprime una direzione all’individuo, spingendolo verso ciò che è bene per lui, a partire dai suoi bisogni più profondi, verso l’autodeterminazione. 
Questo dispiegamento del proprio potenziale creativo, perché possa avvenire, richiede un contesto di relazioni umane positive: sentirsi amati, capiti, protetti, sin dalle prime esperienze affettive con le figure significative, permette alla tendenza attualizzante di fluire liberamente nella direzione delle proprie potenzialità. Al contrario, un contesto minaccioso, frustrante o indifferente, rispetto a quelli che sono i bisogni affettivi più profondi del bambino, ostacolerà il processo vitale di crescita, bloccandolo. 

Possiamo immaginare la vita dell’individuo come un seme che porta in sé la facoltà di divenire un albero, se non intervengono delle forze esterne a bloccare o deviare il normale sviluppo di questo potenziale esistenziale: è il caso, per esempio, di un bonsai, che mantiene le sembianze di un albero, ma al quale vengono tagliate le radici, perché assuma una forma che non è quella propria del suo potenziale naturale, ma pensata, decisa e voluta dall’esterno. 
Così il bambino, a partire dalle emozioni, sentimenti e stati d’animo che egli sperimenta nel contesto affettivo e relazionale in cui cresce, arriva a strutturarsi una data immagine di sé stesso
Se questo avviene in un clima di profonda accettazione e accoglienza di ciò che egli è, a partire dai suoi bisogni più profondi, arriverà a sviluppare un concetto di sé positivo e soddisfacente, in profonda armonia con la sua esperienza interna. Al contrario, se l’ambiente emotivo è pregno di condizionamenti e ricatti affettivi del tipo “ti amo solo se…”, egli svilupperà una profonda discrepanza tra i suoi bisogni e la sua esperienza relazionale, andando a sviluppare un concetto di sé incongruente, rispetto alla propria esperienza interna più profonda. A questo punto pur di mantenere una coerenza con l'immagine che egli ha costruito di sé stesso – a partire dai feed-back provenienti dal suo ambiente affettivo – sarà portato a scartare quelle caratteristiche dell’esperienza che si allontanano dalla immagine consapevole che egli ha di sé, per promuovere quelle che invece ne danno una conferma, soffocando così i suoi bisogni. Emergeranno allora delle difese che bloccheranno la tendenza attualizzante e i processi vitali che spingono verso la propria autodeterminazione, generando una disarmonia sul piano emotivo e cognitivo, con possibili somatizzazioni, in termini di malessere. 
Non riuscire ad essere in contatto con le proprie esperienze interne genera un conflitto interiore che non permette alla persona di crescere positivamente e di effettuare le proprie scelte in maniera adeguata. 

Secondo Rogers è quasi impossibile che il processo di sviluppo proceda senza alcun intoppo o condizionamento: nella vita di ognuno di noi si verificano esperienze non sempre controllabili e dipendenti dalla nostra volontà, che divengono come delle barriere che vanno ad ostacolare il libero e naturale fluire della tendenza attualizzante. 
Tuttavia Rogers, riconosce nelle persone la capacità innata di saper prendere dai diversi contesti ciò che è funzionale alla propria crescita, e di abbandonare e lasciar andare ciò che invece va a soffocare e castrare la propria ricchezza interiore. L’individuo può di volta in volta, quindi, dirigere le proprie decisioni a favore dello sviluppo del proprio potenziale creativo o nella direzione ad esso opposta. 

Accettazione positiva incondizionata.
L’aiuto che la Terapia centrata sul cliente si propone di dare, è quello di creare una condizione affettiva e relazionale di accettazione positiva incondizionata, tale da permettere all’individuo di entrare in contatto con la sua natura più profonda, bloccata dagli antichi condizionamenti, per arrivare autonomamente, di volta in volta, alla giusta scelta da prendere, nella direzione dei suoi bisogni. L’aiuto del terapeuta è quindi, nei termini di una semplice agevolazione e chiarificazione degli schemi di pensiero e di azione che emergeranno durante il colloquio, in un atteggiamento di ascolto che sia capace di cogliere e assecondare la tendenza vitale del paziente. 
Ecco perché la terapia rogersiana viene definita non direttiva: il terapeuta deve astenersi dal dare consigli, suggerire soluzioni, o farsi carico dell’esistenza del suo paziente, sostituendosi a lui nelle decisioni, perché non rischi di diventare l’ennesima persona verso cui il cliente si sente in dovere di di soddisfare desideri e aspettative, in un atteggiamento compiacente.
Creare un’atmosfera terapeutica calda, sollecita e ricettiva, attraverso un processo di chiarificazione progressivo, che si limita a rispecchiare e ridefinire l’esperienza del paziente, è ciò che permetterà all’innata capacità di crescita e di autorealizzazione di affermarsi. 

come un'anomalia