30/05/13

Ci manca la gioia - A. Pronzato

«... Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù disse: "Non hanno più vino"» (Gv 2,3)


La domenica, tornando da messa...
Lo scrittore Julien Green, sulla soglia della conversione, prima di risolversi a compiere il passo decisivo, si appostava alle porte delle chiese e rimaneva in attesa. Ragionava: «Se questi veramente credono a quello cui partecipano, dovranno uscire di qui con facce splendenti, occhi incendiati dalla luce, il fuoco nel cuore». 
Invece si trovava di fronte a individui incolori, sguardi opachi, musi lunghi, volti senz'anima. E commentava: «Scendono dal Calvario, e parlano del tempo sbadigliando».
La Madonna, probabilmente, nell'osservare certe facce, commenterebbe: «Non hanno più gioia».
Qualche volta, alla nostra tavola, ci può essere una gioia forzata, un po' troppo ostentata per essere autentica. Manca la gioia vera, limpida, genuina.
Nel mondo, certa allegria sgangherata, fracassona, volgare, a comando, rappresenta il segno più evidente che è venuta a mancare la gioia, così come a Cana si era esaurito il vino.

Abbiamo fatto il funerale alla gioia
Un grande umorista, Bruce Marshall (...) confidava: «Trepido per il futuro dei monasteri, delle abbazie, dei conventi e dei seminari, perché non tremano più come un tempo, per le grandi risate».
La preoccupazione si potrebbe estendere anche agli ambienti cristiani in generale.
C'è gente che parla continuamente del Cristo che ha vinto la morte, ma troppo spesso lo fa... con facce da funerale, non con volti trasfigurati dalla letizia pasquale.

La gioia che ci dà Cristo
La gioia, non il lutto, dev'essere l'abito che caratterizza il cristiano, il volto della comunità cristiana.
Il cristiano non è un "diminuito" in fatto di gioia, al massimo "risarcito" nell'al di là. No, gusta la gioia qui, ora.
Certo, non qualsiasi gioia, ma la gioia che ci dà Cristo: «Queste cose vi ho detto perché la mia gioia sia in voi e la vostra gioia sia piena» (Gv 15,11).
Fissiamo alcuni elementi di questa gioia.
Prima di tutto, la gioia di essere veri. Senza preoccuparsi delle apparenze.
Senza il peso e l'impaccio delle maschere.
Senza essere costretti a recitare una parte, sovente assegnata dagli altri. 
La gioia scaturisce quando c'è il coraggio e la libertà di essere se stessi.
Povertà di gioia, vuol dire povertà di "essere". (...)
La gioia, infatti, è ancorata alla persona, al suo sviluppo, alla sua crescita, alla sua possibilità - e volontà! - di diventare ciò che deve essere.
La gioia dipende dall'essere autentico, profondo, non dalla maschera superficiale.
La gioia si innesta nel centro della persona, non si appiccica alla sua pelle. (...)
Se cresco come persona, come cristiano, la gioia "cresce" con me, in me. Fa tutt'uno con me. Se mi blocco nella mediocrità, nelle mezze misure, nei compromessi, nelle apparenze, blocco, inaridisco anche la sorgente della gioia genuina.
Più "sono" e più sono nella gioia.  (...)
Procura di legare saldamente la gioia al centro della tua persona, a Colui che te la offre in maniera permanente, definitiva. 
Fissata a quella profondità, sarà cosa veramente tua, perché regalata da Uno che non si riprende mai i suoi doni.
Dipenderà esclusivamente da te: dai tuoi "sì" o dai tuoi rifiuti. Da nessun'altro.
Finché la gioia ci viene data da altri, è mutevole, provvisoria. Ma se è la "sua", allora diventa "intoccabile" e "inattaccabile", non fluttuante. Diventa amen.

Una gioia cercata "altrove" rispetto ai soliti itinerari
(...) Esistono vastissimi, inesauribili giacimenti di gioia nel mondo. I primi uomini ne hanno scoperti alcuni e si sono tramandati l'informazione. Così tutti, da secoli, si precipitano ai soliti pozzi: potere, avere, valere, sapere, godere, apparire, ricevere, possedere, denaro, piacere, sesso... E trascurano l'esplorazione e lo sfruttamento degli altri.
L'uomo è decisamente un animale abitudinario. Non sospetta nemmeno che la gioia possa trovarsi da altre parti.
Qualcuno talvolta viene a lagnarsi: «Padre, mi aiuti, ho perso la gioia...».
Rispondo imperturbabile: «Stia tranquillo, non è un disastro irreparabile. Ce n'è tanta inutilizzata in giro, che nessuno vuole. Basta darsi un po' da fare per cercarla... L'uomo, vede, non fa altro che sprecarla. Alla fine del mondo ci accorgeremo con stupore, che la maggior parte  delle risorse di gioia esistenti sulla terra sono quasi intatte...» (...).

Attenti a non cercare la gioia nel posto sbagliato
Già. Il problema sta tutto qui. In fondo è il problema dell'altrove.
Ci accaniamo a cercare quel prodotto prezioso presso pozzi già troppo sfruttati, in via di esaurimento, o, per usare l'espressione della Bibbia, presso «cisterne screpolate» (Ger 2,13). E, dopo interminabili attese, dopo fatiche disumane e sofferenze inaudite, spremiamo qualche goccia stantìa, assolutamente inadeguata alla nostra sete.
Tutti noi, ostinati bietoloni, abbiamo la pretesa che le cose e le azioni e le persone sbagliate ci diano la felicità "giusta" che cerchiamo.
T.S. Eliot osservava che il cristianesimo è «la via che conduce al possesso di ciò che avevamo cercato nel posto sbagliato».
Gesù presenta un criterio nuovo della gioia. Ci rivela quei giacimenti inesplorati di cui parlavamo. E ci fornisce addirittura la mappa per rintracciarli. 
Il Sermone sul Monte, introdotto da un ripetuto invito alla gioia: «Beati... Beati... Beati...», è, precisamente, questa stupefacente mappa delle risorse, finora inesplorate, della felicità umana.
Sulla terra devi trovare quel tesoro. Basta scavare, avere del coraggio, prendere iniziative, inoltrarsi per sentieri poco battuti, accettare di passare magari per pazzi o per illusi. La maggior parte degli uomini, infatti, considera "anormale" uno che rifiuta le regole della gioia accettate dai più. Secondo la mentalità comune, viene ritenuto stupido uno che non è, non fa come gli altri; è squilibrato uno che non si accontenta; è "alienato" uno che... cerca altrove.
Dunque, sei disposto a cercare "altrove" la tua gioia? Ad allontanarti dalla ressa soffocante per effettuare sondaggi nei luoghi più impensati?
Si tratta di provare. Proprio là dove tutto sembra indicare che è arduo, improbabile o addirittura impossibile, non vale la pena, non si ricava niente, è troppo faticoso... può zampillare il prodotto prezioso. 
Occorre soltanto vincere la ripugnanza iniziale, il disgusto, le prevenzioni, la paura di apparire poco ragionevole, la pigrizia e mettersi al lavoro.
Gesù, Colui che ci dà la "sua" gioia, ci fa anche capire che quella gioia si trova sul versante del più difficile. Non dimentichiamo che il Dio delle beatitudini è il Dio esigente, non il Dio bonaccione, accondiscendente.
Si tratta di esplorare il terreno dell'umile servizio, dell'ultimo posto, del minuscolo favore fatto alla persona che non se lo merita, del silenzio di fronte ad un'accusa ingiusta, del perdono, del tempo regalato a quell'individuo insopportabile, della preghiera recitata per il nemico, del lavoro compiuto anche se nessuno si accorgerà di nulla o magari qualcuno se ne attribuirà il merito finale... e infiniti altri. Vedrai quanta gioia "nuova" e "migliore", inaspettata (proprio come il vino di Cana)!  (...)

Aiutaci ad affrontare l'emergenza-gioia
Maria, credo non sia irriverente, da parte mia, immaginare che tu abbia raccomandato ai servitori di Cana «Fate quello che vi dirà», con un sorriso di ammiccamento e di complicità.
Quasi a lasciar intendere: quando c'è di mezzo Lui, ci si può aspettare qualsiasi sorpresa, può accadere l'incredibile.
Basta fidarsi, stare agli ordini senza troppe storie.
E, di fatto, il vino eccellente, incomparabile, inatteso, viene fuori dalle anfore riempite d'acqua «fino all'orlo».
Così è per la gioia.
Dobbiamo convincerci che, trattandosi di un cristiano, la gioia, come quel vino, risulta imprevedibile, sorprendente, non programmabile umanamente.
Chissà quante volte l'hai sperimentato anche tu, Maria.
Quando hai dichiarato - e ripetuto - «avvenga di me quello che mi hai detto», non ti sei certo ritrovata sprofondata nell'amarezza. Hai invece scoperto la gioia di chi si abbandona, senza porre condizioni, percorrendo strade impossibili (impossibili per gli uomini, ma non per Dio, cfr. Mc 10,27), ubbidendo a un richiamo misterioso, interpretando la vita secondo un copione non scritto dagli uomini.
Maria, ammicca nello steso modo anche a noi.
Facci dubitare delle gioie troppo facili, a basso prezzo, superficiali, presenti in tutte le bancarelle del nostro mercato.
Mettici nell'animo il sospetto che la gioia vera non si trova qui, ma "altrove" rispetto alle indicazioni comuni. Che il vino adatto alla nostra sete viene prodotto in un laboratorio segreto, e la formula la conosce unicamente Lui. (...).
E fa', sopratutto, che non ci venga la voglia di andarlo a nascondere, quel vino, nelle tetre cantine di una religiosità uggiosa.


don Alessandro Pronzato

tratto da "C'era la madre di Gesù... A Cana con Maria, per scoprire quello che ci manca"