23/02/13

Uomini di fede: Abramo (2) - G. Ravasi

Il riso di Sara.

Proprio perché rischio, la fede conosce il dubbio, il sospetto, l'esitazione, la sospensione. Atteggiamenti, questi, da non confondere con l'incredulità. che è invece il rifiuto del rischio, dell'accettazione di quell'imprevedibile iniziativa divina, della promessa di un Dio che si rivela e si vela. Della dialettica della fede fa parte anche il riso di Sara e di Abramo. Il patriarca si lascia sfuggire il primo sorriso dubbioso alla promessa di un figlio tutto suo e di Sara. Come dice Genesi 17,17, egli «si prostra con la faccia a terra» nell'adorazione del Dio che promette. Ma non può fare a meno di ridere, opponendo l'obiezione di una razionalità che accampa le sue ragioni: «A uno come me di cent'anni può nascere un figlio? E Sara all'età di novant'anni potrà partorire?». Più sonoro è il riso di Sara che scoppia dietro le quinte della scena della grande visita dei tre ospiti (Gn 18, 1-15), incarnazione della stessa divinità (...).
«Tra un anno Sara, tua moglie, avrà un figlio» (Gn 18,10). La moglie del patriarca, che è con l'orecchio incollato alla tenda dei maschi, reagisce ridendo. «Sara rise dentro di sé e disse: Sfiorita come sono, dovrei ancora provare piacere, mentre mio marito è vecchio?». L'autore nota maliziosamente che «Abramo e Sara erano vecchi e avanti negli anni ed era cessato a Sara ciò che le donne sogliono avere regolarmente» (Gn 18,11). Un uomo vecchio e impotente, una donna non più mestruata e ormai frigida e sterile e la promessa di un parto felice: un'evidente provocazione che non può non far scattare dell'ironia. Ma la reazione del Signore (i tre uomini si trasformano nel mistero che celavano) è tagliente: «Perché Sara ha riso dicendo: Potrò davvero partorire, pur essendo vecchia? C'è forse qualcosa impossibile per il Signore? Al tempo stabilito tornerò da te a questa stessa data e Sara avrà un figlio!».
Imbarazzata e un po' impaurita, Sara tenta un'improbabile difesa: «Non ho riso!». Ma il Signore non ammette finzioni: «Sì, hai proprio riso!» (Gn 18,10-15). Alla fine, però, al riso dubbioso e scettico di Abramo e di Sara si opporrà il riso efficace e creatore di Dio: «Abramo chiamò Isacco il figlio che gli era nato... E Sara disse: Motivo di riso gioioso mi ha dato Dio: chiunque lo verrà a sapere riderà di me» (Gn 21, 3.6). L'auotre infatti, in queste parole propone un'etimologia popolare del nome "Isacco" come "Jhwh ha riso". A risuonare per ultimo è, dunque, il riso allegro del bambino che è lo stesso riso di Dio che spazza via dubbi e perplessità. (...)
La fede è, allora, un riso dai due volti. C'è il tempo in cui si ride disperando, in cui la dialettica del credere precipita verso curve basse ove la speranza raggiunge i livelli di guardia. E' il riso di Abramo e Sara che, comunque, non è riso perverso, stupido, arrogante o incredulo spesso condannato dalla Bibbia. (...) Qui si fa balenare anche il secondo volto del riso, quello della festa per la promessa adempiuta, quello che sboccia sulle labbra di Dio e del figlio "impossibile", Isacco - "Jhwh ha riso".

Gianfranco Ravasi

tratto da "Il racconto del cielo"  (pp. 67-70)