04/02/13

Le mani servono anche per "non fare" - Pronzato

«... Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù disse: "Non hanno più vino"» (Gv 2,3)


Le infinite "possibilità" delle mani.
Le mani non servono solo per "fare". Ma, anche, paradossalmente, per "non fare".
«Gesù, sapendo che il Padre gli aveva dato tutto nelle mani... » (Gv 13,3).
Per caso, la preghiera non è il momento in cui esprimiamo la consapevolezza che le mani ci sono state date non solo per "fare", ma per interrompere il "fare" ed inserirci in un diverso dinamismo d'azione? Sì, anche a noi il Padre ha posto tutto nelle mani.
C'è un "potere" della preghiera di cui non sempre siamo coscienti. C'è un "servizio" della preghiera che sta alla pari, almeno, di qualsiasi altra forma di servizio. Servizio reso anche al prossimo, oltre che a noi stessi.
Le mani impiegate nella preghiera apparentemente sono mani inutili, improduttive. Eppure sono le mani che creano un'umanità nuova, costruiscono la pace, fanno la storia, trasformano la realtà, assicurano l'equilibrio del mondo. Non avremo mai finito di stupirci delle "possibilità" infinite concesse alle mani congiunte - o aperte - nel gesto della preghiera.
Il discorso, allora, sfocia necessariamente nel tema della gratuità. Maria a Cana, ci fa scoprire che stiamo smarrendo proprio il senso del gratuito. (...)

Un Esodo chiamato preghiera.
La preghiera si colloca in una prospettiva di Esodo. Si tratta di acquisire una mentalità di uomini "liberati" [come il popolo di Israele dalla schiavitù d'Egitto] dall'ossessione del rendimento, della produzione, della frenesia efficientistica.
Occorre "uscire" da una prospettiva utilitaristica per entrare in una dimensione di gratuità. Passaggio dall'affanno del "fare" alla gioia di "essere". Dalla preoccupazione della quantità, alla qualità del vivere. Dalla programmazione obbligata all'invenzione di sé. Dalla prestazione imposta dall'esterno, all'offerta che nasce dal di dentro. (...) Dalla fotocopia sbiadita alla vocazione personale. Dalla parola d'ordine alla voce che chiama per nome. E' un Esodo difficile. Esige coraggio, gusto del rischio, rifiuto di tutti i condizionamenti, capacità di respingere le suggestioni delle comode sicurezze.

"Beati gli inutili..."
Si dimostra capace di pregare solo chi riesce a spezzare il cerchio della necessità, per entrare nello spazio della libertà. Chi si sottrae alla schiavitù dell'urgente per entrare nella sfera dell'importante. Chi volta le spalle agli idoli, alla molteplicità, per scegliere «la parte migliore», per consacrarsi all' «unico necessario» (Lc 10,42). (...)
Se non acquisisci il senso dell'inutile, pregare risulta impossibile. Se non hai il coraggio di "perdere tempo", non guadagnerai la preghiera. Se non riesci a fermarti, non arriverai mai alla verità dell'orazione. Se ti dimostri incapace di dire "no" alla dittatura delle scadenze, degli impegni, delle troppe cose da fare, non potrai gustare il "sì" di Dio. (...)
Certo, la preghiera è un'occupazione improduttiva. La preghiera ti impoverisce da un punto di vista efficientistico, ti limita sul piano dell'attività, diminuisce il tuo rendimento, fa saltare all'aria la solita contabilità. (...)
«Beati gli inutili, perché soltanto loro sanno che cosa è indispensabile all'uomo».

Elogio degli esseri superflui.
Per fortuna, in questo mondo, ci sono anche gli esseri "superflui", trasparenti come la Vergine di Nazaret.
Uno degli elogi più significativi di questi individui inutili è stato fatto da René Habachi (...) in un discorso ai superiori monastici di Franca.
«E' necessario che degli esseri gratuiti brucino per niente, fiammeggino per la bellezza del mondo, per lo sguardo di Dio. Devono esistere riserve di silenzio, di aiuto vicendevole disinteressato, di liberazione totale, di solidarietà nella sofferenza e di canti di ringraziamento.
La necessità più urgente, oggi, è quella della gratuità. Risulterà più efficace degli impegni politici, delle previsioni economiche, e delle rivoluzioni strutturali.
La gratuità fornirà agli uomini l'unico specchio in cui potranno riconoscersi e, attraverso esso, decifrare la trascendenza che potrebbe illuminare il loro volto. Non è più questione di nominare Dio. Bisogna viverlo».
(...) Tutti si domandano: "A cosa serve?", "cosa rende?", "quanto costa?". Loro hanno preferito un'attività improduttiva. La loro esistenza è in pura perdita.
Tutti vogliono fare, rendersi utili. Qualcuno perfino si ritiene indispensabile. Loro hanno scelto l'inutilità.
Tutti parlano di opere, di realizzazioni. Loro non hanno altro da offrire al mondo che la loro presenza.
Tutti si fanno avanti. Loro si fanno da parte.
Guai se nel mondo venissero a mancare questi esseri "inutili", che accettano di perdere la propria vita, si rivelano incapaci di calcoli giudiziosi, e non amministrano prudentemente il proprio dono.
Guai se nel mondo venissero a mancare questi individui superflui che non rendono, non producono, non consumano. Se si spegnesse la loro fiamma inutile, scenderebbe il buio sulla terra, e tutti batteremmo i denti per il gelo. (...)
E la mia vita stessa è al sicuro soltanto se i valori gratuiti hanno la prevalenza su quelli contabili.

Vergine della gratuità...
Vergine della gratuità, dacci il coraggio di ribellarci alla mentalità efficientistica e utilitaristica della società d'oggi.
Facci comprendere che possiamo considerarci liberi solo se rifiutiamo la schiavitù del fare, del produrre, e recuperiamo i valori gratuiti (...).
Aiutaci a comprendere che la nostra vita non è vita, se non facciamo posto alla poesia, al canto, alla lode, all'adorazione. 
Rendici consapevoli che il mondo, l'uomo stesso, diventerà più umano solo quando si sarà riconciliato con la bellezza, avrà recuperato la necessità dell'inutile, riscoperto la preghiera che "non serve a niente".
Maria, rendici capaci di dimostrare che le mani sappiamo impiegarle per "fare", ma anche per "non fare" (che in certi casi, diventa il "fare" più indispensabile...).


don Alessandro Pronzato

tratto da "C'era la madre di Gesù...
A Cana, con Maria, per scoprire quello che ci manca"