09/02/14

Voi siete la luce del mondo - V T.O.

 Mt 5, 13-16

In quel tempo, Gesù disse ai suoi discepoli:
«Voi siete il sale della terra; ma se il sale perde il sapore, con che cosa lo si renderà salato? A null’altro serve che ad essere gettato via e calpestato dalla gente.
Voi siete la luce del mondo; non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro, e così fa luce a tutti quelli che sono nella casa. Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli».
 

La lettura del Vangelo di Matteo, nel suo V capitolo ci parla del celeberrimo testo del sale della terra e della luce del mondo ed è introdotto dalla I lettura tratta dal Libro del Profeta Isaia (Is 58, 7-10) che leggiamo nei capitoli finali, quelli che presentano una visione "escatologica" delle ultime cose; eppure questa lettura da delle indicazioni sulla vita etica, privata, del singolo israelita; qui si parla del digiuno vero, autentico, che è il dividere il pane con l'affamato, introdurre in casa i miseri, i senza tetto, vestire gli ignudi... che ci rieccheggia l'ultimo discorso di Gesù nel Vangelo di Matteo con la parabola del "Giudizio universale"... e si conclude con questa espressione «allora - se farai tutte queste cose -  la tua luce sorgerà come l’aurora, la tua ferita si rimarginerà presto»
 Cosa significa? Perché la tua luce? Si parla della luce di un uomo collegata alla sua salute, salute non intesa semplicemente in chiave fisica. Parla della ferita globale dell'uomo, della sua identità, della sua condizione. La sua luce è la sua salute. L'uomo ha una luce. Che luce?

Ce lo spiega il Vangelo di oggi: «Voi siete la luce del mondo». Ogni uomo ha una sua peculiarità: deve brillare della sua propria luce. Ogni persona che viene al mondo ha una missione, ha qualcosa di importante da fare ed è qualcosa da fare per gli altri... perché l'uomo, fondamentalmente, è relazione, prima con Dio e poi con il prossimo. Fallire la nostra missione, vuol dire diventare tenebra; vuol dire diventare "zona" d'ombra dove non si vede Dio e non si vede il prossimo: nella tenebra, infatti, l'altro non appare e noi stessi non appariamo. La tenebra è "quel posto" dove noi non siamo più persone, dove siamo buio. L'individualismo, il nostro "pascolare" noi stessi, il non condividere le nostre cose... più che essere un problema di ordine etico o di ingiustizia, è un problema di infedeltà alla nostra più autentica verità
Noi siamo chiamati ad una sfida: essere fino in fondo la bellezza che siamo. Non possiamo vivere se non brillando, se non essendo luce. La nostra luce, però, è una luce un po' particolare.
Molti uomini e donne, su questa terra, cercano la propria luce e brillano di una luce fatua, che dura poco, che non resta e non ha niente di eterno in sé... perché cercano di essere se stessi a partire da se stessi.  Nella I lettura di Isaia, invece,  vediamo che un uomo arriva alla propria luce perché in realtà guarda qualcun altro: guarda un povero, guarda un affamato... E così, nel Vangelo si dice «Voi siete la luce del mondo»: essere luce di qualcun altro, non essere luce solo per se stessi.

Proviamo a leggere più a fondo questo testo: «non può restare nascosta una città che sta sopra un monte, né si accende una lampada per metterla sotto il moggio, ma sul candelabro». 
Non si accende una luce per metterla in un luogo dove non possa fare il suo servizio: la luce ha come servizio quello di donare la sua visibilità a tutti; quindi una luce si accende perché qualcun altro veda, non vive per se stessa
 Chi accende la luce? Dio accende la luce.
Se leggiamo questo testo ci accorgeremo infatti che il periodo è posto al passivo: non può restare nascosta una città posta (trad. dal greco) sopra un monte; né si accende una lampada per metterla sotto il moggio...  - la lampada non si accende da sola, ma viene accesa da qualcuno. 
Noi, pertanto, continueremo a camminare nelle tenebre fino a che il fine ultimo di ciò che viviamo è il nostro ego; finché il fine ultimo che ci muove ad agire e la chiave per interpretare la nostra esistenza, è il nostro ego, noi non capiremo mai ciò che ci succede. Nella nostra vita, infatti, possono accadere delle cose molto difficili, dure, enigmatiche da comprendere, ma le inizieremo a capire solo quando le prenderemo  come luce per qualcun altro: ossia, quel qualcosa che ci è capitato è accaduto per amare qualcuno. Una cosa è cercare di sbrogliare la matassa degli enigmi della propria vita sulla base di una finalità che parte da noi e finisce con noi , altra cosa è iniziare a chiedersi: da questo male che io posso aver subito, da questi limiti con cui devo fare i conti... può venire qualcosa di buono per qualcun altro? 
Quando noi rovesciamo questa prospettiva capiamo Cristo Crocifisso, il quale fa di un suo fatto privato, terribile, mostruoso, ingiusto... la luce del mondo! Questo si compie in lui, perché quando muore sulla croce, il sole si eclissa ( «e si fece buio su tutta la terra». Lc 23, 44) e lui diventa la luce. La vera luce per l'uomo non è più, da allora, la luce naturale, ma è il modo in cui Gesù muore per noi; lui offre il suo dolore per noi: e in questo noi siamo redenti. Siamo redenti quando la luce diventa qualcosa per illuminare: allora, le nostre qualità, la nostra storia, tutto quello che ci succede... tutte le nostre sfide, sono finalizzate all'amore, ad aprirsi all'Altro e all'altro (a Dio e al fratello).
Aprirsi a fare della nostra vita un sale che da sapore. 
Una cosa è trovarsi accanto un amico che non ha mai sofferto, o un amico che ha sofferto ma ha rifiutato le sue sofferenze, e altro ancora è trovarsi accanto un amico che sfrutta i dolori che ha vissuto nella sua esistenza per volerci bene, per comprenderci, per starci accanto, per servirci. C'è una luce che è nascosta nella nostra vita e che forse non stiamo sfruttando a pieno: è la luce del mondo, la luce di Cristo, la luce dell'amore.

don Fabio Rosini