17/04/14

La redenzione operata da Gesù - Carlo Molari

 Per comprendere il senso della morte di Gesù bisogna eliminare due pregiudizi ancora molto presenti: che Gesù sapesse fin dall'inizio che sarebbe morto in modo violento e che tale morte era parte di un decreto divino, era cioè necessaria alla salvezza dell'umanità. Questi due pregiudizi sono ancora molto correnti, ma non sono fondati nella Scrittura.
Per questo motivo la teologia sta realizzando un profondo cambiamento di prospettiva passando da una impostazione giuridica e morale della redenzione ad una più vitale e storica. (...)
In questa luce due concetti, frequenti nella tradizione ecclesiale, hanno richiesto precisazioni e chiarimenti. Sono quelli di espiazione e di soddisfazione. Ad essi corrispondono due modelli interpretativi della morte di Gesù, che sono stati proposti e sono stati sviluppati in tempi diversi, suscitando movimenti spirituali di innegabile importanza.

Espiazione
Flagellazione di Cristo,  Caravaggio
Espiazione, secondo il senso comune del dizionario, significa «pagare il fio per il male fatto». Questo primo senso immediato è fuorviante. Infatti non è questo il senso biblico del termine. Nella tradizione ebraica esiste la festa dell'espiazione o giorno della purificazione (yom kippur), descritta nel cap. 16 del libro del Levitico. Essa risulta dalla fusione di due tradizioni distinte: la più antica consisteva nel caricare il capro espiatorio dei peccati del popolo e lasciarlo nel deserto per liberare i peccatori; l'altra tradizione, post-esilica, consisteva nel sacrificio di un montone, sacrificato per i peccati compiuti dal Sommo sacerdote, che presiedeva il rito, e da tutta la comunità di Israele durante l'anno. Con il sangue del montono immolato veniva segnato il kaporet o propiziatorio, la lamina d'oro che apriva il sancta sanctorum del tempio di Salomone, e poi anche l'altare.
Il significato simbolico del rito era molto chiaro: il sangue era considerato dagli ebrei sede della forza creatrice di Dio, ambito della sua azione salvifica. Per questo toccare il sangue rendeva impuri. Il sangue a contatto del kaporet era caricato di potenza divina, in grado di riversare sul popolo intero la benedizione e la misericordia di Dio. Il messaggio fondamentale quindi del sacrificio di espiazione è che la forza divina concentrata nel sangue dona vita e purifica dai peccati. L'espiazione non è quindi un'azione dell'uomo, ma un'azione di Dio.
L'idea è ripresa e sviluppata nel Nuovo Testamento in rapporto alla morte e al sangue di Gesù. Negli scritti di Giovanni l'analogia è sviluppata attraverso la figura dell'agnello.Nel Vangelo, con le parole del Battista, l'evangelista qualifica Gesù come «agnello di Dio che toglie (o porta) i peccati del mondo» (Gv 1,29). Nella sua prima lettera egli presenta Gesù come «vittima di espiazione per i nostri peccati» (1Gv 2,2; 4,10). La figura dell'agnello immolato, ripresa anche nell'Apocalisse (cfr. Ap 5, 6.12), riassume le valenze simboliche dell'agnello sacrificato nel giorno dell'espiazione.  In particolare, del Servo Isaia il testo dice che «maltrattato si lasciò umiliare e non aprì la sua bocca: era come un agnello condotto al macello» (Is 53,7). Aggiunge che Egli «si è caricato delle nostre sofferenze, si è addossato i nostri dolori. E' stato trafitto per i nostri delitti, schiacciato per le nostre iniquità» (Is 53, 5). In questo senso Giovanni può dire che Gesù «è vittima di espiazione dei nostri peccati; non soltanto per i nostri, ma anche per quelli di tutto il mondo» (1Gv 2,2; cfr. 4,10). E poco dopo indica la natura dell'evento salvifico come processo dell'amore di Dio, che dona vita: «(...) In questo sta l'amore: non siamo stati noi ad amare Dio, ma è lui che ha amato noi e ha mandato suo figlio come vittima per i nostri peccati» (1Gv 4, 10). (...)
In conclusione possiamo dire che, come il peccato è sottrazione di forza vitale perché allontana da io, fonte di vita per l'uomo, la salvezza è ristabilimento del rapporto con Lui, per sua iniziativa: «è stato Dio infatti a riconciliare a sé il mondo in Cristo» (cfr. 2Cor 5,19). (...) Il Catechismo degli adulti della CEI precisa che l'espiazione è «da intendere come purificazione, non come castigo sostitutivo... L'amore di Dio ha fatto di Cristo lo strumento di espiazione, cioè di purificazione dei nostri peccati, di riconciliazione dei peccatori e di restaurazione dell'alleanza» (n. 256). L'espiazione in questa prospettiva è il ristabilimento del rapporto con Dio che purifica l'uomo rinnovandogli l'offerta della vita.
Il movimento descritto attraverso la simbologia dell'espiazione, quindi, richiama un'energia che da Dio è scesa e ancora scende gratuitamente verso gli uomini per comunicare loro quel dono che li costituisce figli suoi. La manifestazione concreta di questo amore salvifico si è realizzata in Gesù che ha amato sino all'estremo (...).

Soddisfazione
In generale essa è definita «compensazione sufficiente in vece o a favore di una persona per un debito materiale o morale, di cui essa per propria colpa è debitrice, secondo giustizia verso una terza persona» (Enciclopedia cattolica).
Nella tradizione cristiana questo concetto è stato applicato al rapporto fra Dio e l'uomo e vuole indicare l'amore con cui Gesù ha offerto la sua sofferenza a Dio come «compenso» e «riparazione» delle offese compiute dai peccatori.
E' stato sopratutto S. Anselmo d'Aosta a teorizzare in questo modo la salvezza (...) Ma poi questa teoria è diventata universale: l'uomo ha peccato, deve riparare i danni e compensare l'offeso per l'offesa subita. Solo un giusto sofferente e innocente, solo una persona divina poteva fare quest'opera. (...)
La teologia della soffisfazione ha avuto sviluppi molto ampi negli ultimi secoli ed è giunta a formulazioni che hanno dimostrato la distanza dalla rivelazione di Dio realizzata da Gesù. Il difetto principale di tale teologia è l'antoropomorfismo, l'applicazione cioè a Dio delle regole che valgono tra gli uomini. (...)
Per questo la teologia della soddisfazione è stata abbandonata, anche se il termine è ancora utilizzato in un senso più ampio e generico. (...)
Il  Catechismo degli adulti della CEI chiarisce che «soddisfazione vuol dire che la croce di Cristo ricostruisce l'ordine oggettivo del mondo e il suo giusto rapporto con Dio, riparando i danni causati dal peccato» (...).
Egli [Gesù] infatti ci ha salvati non perché ha offerto a Dio una riparazione del peccato al posto degli uomini, ma perché ha offerto da parte di Dio a tutti i peccatori la forza dello Spirito che purifica e rinnova. Continuare la missione di Gesù esige l'esercizio di quella stessa attitudine oblativa, di quell'amore, cioè, «sino all'estremo» con cui Gesù ha rivelato Dio.


Carlo Molari
 tratto da  "Per una spiritualità adulta"