19/03/13

Il Dio dell'impossibile - C. Carretto

(...) Gesù è il Dio dell'impossibile e l'impossibile è una caratteristica di Dio.
E la mia impotenza mette in evidenza la sua potenza, la mia piccolezza di creatura il suo Essere creatore.
Già davanti a Giobbe, pensoso e in polemica con Lui perché ridotto all'impotenza e all'abiezione, Dio chiedeva un atto di confidenza appellandosi, per ottenerlo, alla grandezza della creazione. (...)
A me oggi più di questo famoso discorso sulla potenza del Creatore e sull'assoluta impotenza della creatura a dare qualche consiglio a Dio, fa effetto un detto di Gesù nel Vangelo: «E' più facile che un cammello passi per la cruna di un ago che un ricco entri nel regno dei cieli» (Mt 19, 23).  (...)
Creare il firmamento è certamente un segno di grande potenza, ma far passare un cammello nella cruna di un ago mi sembra più grande ancora: qui sta veramente l'impossibilità.
Difatti agli apostoli attoniti e perplessi che esclamarono: «Allora è impossibile salvarsi», Gesù rispose tranquillamente: «Ma ciò che è impossibile all'uomo è possibile a Dio». (...)

Al contrario, c'è una cosa ch'è veramente mia: la mia piccolezza, la debolezza, la miseria, la impotenza.
E ne ho in sì  gran copia che è impossibile che non serva a qualcosa. (...)
Possibile che l'onda di fango, chiamato peccato, che ha invaso il mondo quasi all'origine dell'uomo  e che prende in certi istanti proporzioni sì gigantesche e spaventose, sia materiale inutilizzato dall'onnipotenza di Dio? Possibile che la debolezza nelle sue forme così generali di stanchezza, vecchiaia, malattia, incapacità, errore, morte sia solo qualcosa che mi schiaccia senza avere in sé qualche potere nascosto?
I detriti del mondo non servono più a nulla?
Il male resterà una sconfitta di Dio Amore?
Quando penso ai miei esami di coscienza serali li vedo più come elencazione di cose non fatte o fatte male che il sunto di cose positive.
E anche ammettendo, per un momento, un certo equilibrio raggiunto dalla mia anima, una esclusione positiva dall'offesa volontaria a Dio, nulla mi dà più il senso della mia infinita piccolezza e miseria che la constatazione tremenda della mia impossibilità a dilatare il mio amore. (...)
La stessa cosa l'ho provata nella preghiera. 
Abbandonato a me stesso con le mie sole forze, ho sentito fino allo spasimo la realtà che, senza l'aiuto di Dio, non possiamo nemmeno dire una sola volta «Abbà, Padre».
Ci sono degli istanti in cui Dio ci conduce sull'estremo limite della nostra impotenza ed è allora e solo allora che comprendiamo fino in fondo il nostro nulla.
Per tanti anni, per troppi anni, mi sono battuto contro la mia impotenza, contro la mia debolezza. Il più sovente l'ho nascosta preferendo apparire in pubblico con una bella maschera di sicurezza.
E' l'orgoglio che non vuole l'impotenza, è la superbia che non fa accettare di essere piccolo; e Dio, poco alla volta, me l'ha fatto capire.
Ora non mi batto più, cerco di accettarmi, di considerare la mia realtà senza veli, senza sogni, senza romanzi. (...)
Ora, l'impotenza mia la metto tutta in faccia all'onnipotenza di Dio: il cumulo dei miei peccati sotto il sole della sua misericordia, l'abisso della mia piccolezza in verticale sotto l'abisso della sua grandezza.
E mi pare essere giunto il momento d'un incontro con Lui mai conosciuto fino ad ora, uno stare assieme come mai avevo provato, uno spandersi del suo amore come mai avevo sentito. Sì, è proprio la mia miseria che attira la sua potenza, le mie piaghe che lo chiamano urlando, il mio nulla che fa precipitare a cateratte su di me il suo Tutto.
E in questo incontro fra il Tutto di Dio e il nulla dell'uomo sta la meraviglia più grande del creato.
E' lo sposalizio più bello perché fatto da un Amore gratuito che si dona e da un Amore gratuito che accetta.
E', in fondo, tutta la verità di Dio e dell'uomo.
E l'accettazione di questa verità è dovuta all'umiltà ed è per questo che senza umiltà non c'è verità, e senza verità non c'è umiltà.
«Respexit humilitatem ancillae suae» disse Maria quando vide precipitare sul suo nulla l'Amore sostanziale di Dio e sentì che le sue carni divenivano dimora e nutrimento del Verbo Incarnato. (...)

Mi par così d'aver trovato, dopo tanti anni, la soluzione del problema, di tutto il problema di quaggiù.
Ho toccato con mano la mia radicale impotenza e questo fu grazia.
Ho contemplato nella fede, nella speranza e nella carità, l'onnipotenza di Dio e anche questo fu grazia.
Dio può tutto, io non posso nulla. Ma se metto questo nulla a contatto orante, amoroso di Dio, il tutto diventa possibile in me. (...)
E' cosa certa: in me sento la totale incapacità a compiere l'atto d'amore perfetto, a seguire Gesù sul Calvario ed a morire con Lui in croce.
Potranno trascorrere millenni e millenni e la mia situazione non cambierà.
Però... però ciò che è impossibile a me, perché sono il ricco del Vangelo, è possibile a Dio!
E sarà Lui a darmi la grazia di trasformarmi e rendermi atto a compiere l'impossibile e a rovesciare la pietra che mi separa dal Regno.
E' quindi questione di attesa, di preghiera umile e confidente, di paziente esercizio, di speranza.
Ma il Dio dell'impossibile non mancherà all'appello del mio amore.


Carlo Carretto

tratto da "Lettere dal deserto"