07/03/13

E' sparito l'amore - A. Pronzato

«... Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù disse: "Non hanno più vino"» (Gv 2,3)


Troppo e troppo poco.
«Non hanno più vino...» (Gv 2,3)
Nel contesto delle nozze, il vino sta a simboleggiare anche l'amore.
Se la Madonna, oggi, denunciasse una preoccupante carenza in questo settore specifico, e dicesse «non hanno più amore», è probabile che molti insorgerebbero ad esprimere il loro disaccordo sulla sua diagnosi..
Le farebbero notare che, al contrario, di amore ce n'è in abbondanza, lo si trova a tutti gli angoli: esibito, cantato, urlato, offerto, esaltato.
Se c'è una parola che viene ripetuta incessantemente e nelle maniere e nelle sedi più diverse - dalle canzoni alle prediche, dai rotocalchi sfacciati alle riviste di tipo religioso, dai cenacoli pii al piccolo schermo della televisione - questa parola è proprio «amore».
Le nostre orecchie rimbombano continuamente di questo vocabolo, che ci viene scaraventato addosso, che siamo costretti ad ingoiare, a dosi massicce, almeno un centinaio di volte al giorno.  Verrebbe voglia di protestare: «Non se ne può più»!.
Il guaio è che si tratta, nella maggior parte dei casi, di una parola che, proprio per l'uso smodato che se ne fa, appare largamente inflazionata, si presta ad ogni sorta di equivoci, risulta disponibile per le operazioni più spregiudicate.

Un guscio vuoto.
La parola amore viene sconsacrata disinvoltamente, prostituita nella maniera più sfacciata, violentata a fare da supporto e copertura a comportamenti per lo meno discutibili e che sono in contraddizione col significato autentico del termine, e finisce quindi per mostrarsi lacera, sporca, irrimediabilmente compromessa, impresentabile.
Usurata, e quindi poco affidabile.
Sospetta, a motivo dell'eccessiva facilità d'impiego.
Si ha l'impressione di un guscio vuoto, che lascia delusi. (...)
L'amore scompare, e il suo posto viene preso di prepotenza da goffe controfigure, o dall'immagine orribilmente deformata, oppure dalla caricatura disgustosa. (...)
La Madonna, il cui sguardo non si lascia certo ingannare dalle confezioni eleganti, dalle apparenze menzognere, scopre la nostra desolante povertà in fatto di amore e ci aiuta, prima di tutto, ad individuarne le cause che hanno provocato la svalutazione, l'usura di questo tesoro prezioso, e che ne stanno determinando la sparizione dal nostro orizzonte.
Quindi, ci suggerirà anche i rimedi per ritrovarlo.

Un amore chiacchierato.
Il nostro, troppo spesso, è un amore chiacchierato, cantato, gridato.
Anche la carità viene da tanti praticata quasi esclusivamente con la bocca.
Giovanni nella prima lettera ci ammonisce: «Figlioli, non amiamo a parole né con la lingua, ma coi fatti e nella verità» (3,18). (...)
Non basta dire. Non è sufficiente proclamare. Non ci si può accontentare di dichiarare solennemente.
Non basta cantare, neppure nell'ambito liturgico. Ci sono assemblee devote dove le preghiere e le parole delle melodie sgrondanti amore vengono fatte coesistere con divisioni, rivalità, invidie, astiosità, cattiverie assortite nell'ambito della stessa comunità. 
Non chi dice amore amore......

Il peccato di abitudine.
L'abitudine rappresenta la più grande, temibile, nemica dell'amore.
I primi passi erano all'insegna dell'emozione, del desiderio di esplorare un territorio nuovo, del senso dell'avventura, dell'impegno serio.
Poi, a furia di pesticciare lo stesso terreno (...) sono sopravvenuti i solchi, i binari della ripetitività, gli automatismi di comportamenti sciatti, senz'anima.
Ci si lascia andare per forza d'inerzia, più che camminare, progredire, approfondire.
Alla novità subentra il disincanto, alla sorpresa la noia del risaputo, all'interesse l'indifferenza, allo stupore l'assuefazione, all'attesa trepida la stanchezza e la sonnolenza, al desiderio l'insofferenza, alle sfumature delicate il grigiore uniforme, all'inventività la monotonia. (...)
L'amore muore quando l'incontro con l'altro non provoca più alcun sussulto al cuore, allorché la capacità di emozionarsi si lascia ottundere dalla piatta abitudine. (...)
E' importante, sopratutto, conservare la capacità di stupirsi.
In un Vangelo Apocrifo, si attribuisce a Cristo questa frase: «chi si stupisce regnerà» (...)
Non il passo strascicato dell'abitudine, del dovere pesante, ma quello della danza. «Salti, più che passi» (Origene).  (...)
Quando ci si lascia andare lungo i binari, è segno che si è perso il gusto della strada, o addirittura la strada. 
La strada giusta, infatti, è quella che si inventa giorno per giorno.

Un amore fragile.
Un certo amore risulta posticcio, esile, fragile, logoro, sempre sul punto di sfasciarsi, perché non collaudato dalla sofferenza, non rafforzato dal sacrificio, non garantito dalla dimenticanza di sé.
Ci si illude di trovare e conservare l'amore sul versante della facilità, seguendo le inclinazioni e gli istinti, abbandonandosi al vento favorevole, scansando gli ostacoli, evitando le scelte dolorose.
Non viene in mente che la sofferenza, lungi dal costituire una minaccia per l'amore, lo rende solido, che la croce gli assicura profondità e fecondità. (...)
E' necessaria a rinuncia perché l'amore non si corrompa in ricerca di sé e possesso egoistico.
Oggi certe concezioni dell'amore sono all'insegna della leggerezza, della superficialità, della spensieratezza, dell'irresponsabilità.
Ma l'amore non è entusiasmo epidermico o passeggero, è qualcosa di serio, di estremamente esigente.
L'amore dev'essere disposto a dare tutto, ma rivendica anche il diritto di pretendere tutto.
«Riamato l'Amor, l'Amor vuol tutto» (Clemente Rebora).
Soltanto sul piano della totalità l'amore trova la sua vera dimensione e il suo significato più luminoso.
La più grande offesa che possa fare alla persona che amo non è soltanto quella di darmi parzialmente, a determinate condizioni, ma anche di chiederle troppo poco. 
Si pecca contro l'amore sia quando si dà troppo poco, ma anche quando si chiede troppo poco.
Comunque, imparare ad amare significa avere il coraggio di imboccare la strada di una donazione senza riserve, di una spoliazione continua, di una costosa ascesi.
L'amore, certo, è all'insegna della gratuità. Eppure comporta un prezzo da pagare.
L'amore cresce... in perdita. 
Si sviluppa  attraverso una serie interminabile di lacerazioni profonde.
L'amore non va da sé. E' cammino aspro, contrastato.
L'amore si irrobustisce solo quando quando qualcosa fa resistenza.

Invocazione alla Madre dell'Amore.
Maria, a te che sei l'ineguagliabile esperta, a te che eri presente alla festa di Cana ma anche alle nozze di sangue celebrate nelle tenebre e nella solitudine agghiacciante del Calvario, vogliamo affidare la parola che ci sta a cuore.
Vorremmo che tu la ripulissi dalle incrostazioni abusive, da tutte le impronte sudicie che i nostri comportamenti non sempre limpidi vi hanno depositato sopra. (...)
Tu - siamo sicuri - ce la restituirai integra, nuova, luminosa nel suo splendore originale, recuperata al suo significato più autentico. Intatta come la prima volta che è stata pronunciata, come le volte che l'hai pronunciata tu (se pure hai avuto bisogno di pronunciarla).
La riceveremo dalle tue mani quale tesoro prezioso ed estremamente impegnativo. (...)
Maria, aiutaci a salire con te il Calvario. Rassicuraci che il nostro amore non ha nulla da perdere nell'incontro con la croce, anzi...
Facci comprendere che tra Cana e il Calvario c'è un collegamento stretto. Che la vera "ora" dell'Amore scocca su quella collina.
Maria, vogliamo essere convinti che - come dice il grande pittore Marc Chagall - tutto, nella nostra vita e nel mondo, si cambierà se noi senza vergogna pronunceremo la parola amore. 


don Alessandro Pronzato

tratto da: "C'era la Madre di Gesù...
A Cana, con Maria, per scoprire quello che ci manca"