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25/01/16

La potenza della fede (1) Fede e incredulità - A. Louf

Quando parliamo della fede, pensiamo spontaneamente alle verità della fede. (...)
Chi parla di verità della fede pensa immediatamente a un manuale di teologia o di catechesi, in cui la Parola di Dio è esposta in maniera didattica. Una simile espresisone didattica della fede ha ovviamente molta importanza ...[ma] posso benissimo sapere molto a proposito della fede, e anche condividere molto questa conoscenza con altri, senza mai compiere il passo decisivo della fede, che implica sempre un abbandono esistenziale a Gesù.
La difficoltà può derivare in parte dal fatto che, secondo l'uso attualmente in vigore nella nostra chiesa, la maggior parte di noi è stata battezzata nell'infanzia e quindi abbiamo ricevuto la fede fin da piccoli. Noi proclamiamo che nel battesimo abbiamo ricevuto il dono della fede, di conseguenza siamo portati a credee che, a partire dal nostro battesimo, apparteniamo una volta per tutte alla categoria dei credenti. Questo è vero, ma solo in una certa misura. Senza voler mettere in discussione la prassi attuale della chiesa, dobbiamo tuttavia sottolineare che la fede ricevuta nel battesimo costituisce solo un inizio e non può, in nessun modo, dispensarci da un incontro personale con Gesù. (...)
Ci potremmo naturalmente chiedere se una simile fede inconscia non continui a sonnecchiare a lungo anche in molti cristiani adulti, a cuasa del fatto che nessuno ha aiutato lo sviluppo della grazia ricevuta o che l'aiuto prestato era così estraneo alla grazia che i suoi frutti sono a malapena visibili. In molti casi, non si fa altro che aggiungere a questa fede inconscia un sistema di verità puramente intellettuale, mentre sul piano dell'agire concreto ci si (...) accontenterà di trasmettere un insieme più o meno corretto di verità sulla fede, e nel contempo ci si sforzerà di dare le'sempio di una vita leale e irreprensibile, ma in cui la grazia ha pochissimo a che fare.

Lo stupore di Gesù.
Nei [Vangeli] sinottici ci sono solo due circostanze in cui Gesù manifesta un certo stupore: è sorpreso dalla fede del centurione e dalla mancanza di fede dei suoi concittadini di Nazaret. Marco (Mc 6,6) lo dice esplicitamente 
"e si stupiva della loro mancanza di fede"
e aggiunge che là non potè operare nessun miracolo.
Soffermiamoci un attimo su questo pubblico che non crede in Gesù. La loro mancanza di fede è effettivamente sorprendente: si tratta in fondo di concittadini, di persone di Nazaret, forse addirittura dei vicini di Gesù, quindi gente che conosce Gesù da anni. (...) Più si è vicini a Gesù, umanamente parlando, più è difficile credere in lui.
Questo può apparire ancor più sorprendente dato che gli abitanti di Nazaret incontrati da esù in sinagoga nel giorno di sabato sono tra gli ebrei più credenti del loro tempo. Non solo conoscono la legge, ma frequentano la sinagoga, dimostrando di essere fedeli ferventi. Nonostane credano nella Parola di Dio, non arrivano a credere in Gesù, anzi si scandalizzano delle sue parole, il che conferma la loro appartenenza alla categoria dei cosiddetti "devoti". (...) Indubbiamente  abbiamo a che fare con persone ferventi e profondamente religiose, eppure non hanno riconosciuto Gesù, non hanno avuto fiducia nelle sue parole, non credono ai suoi miracoli. Qualcosa in loro rimane bloccato e sono incapaci di aprire il chiavistello. (...) In realtà, lungo tutto l'evangelo sono le persone meno racomandabili - pubblicani, peccatori o stranieri - che, in questo ambito, precedono di gran lunga i pii e credenti ebrei.

Il centurione di cui Gesù tanto ammira la fede è proprio una di queste figure: non solo è un non credente, ma è adirittura uno straniero. (...) Tuttavia appare in grado di dare il proprio cuore e la propria fiducia a Gesù: lui ha ricevuto questa fede rara che Gesù si augura così ardentemente. (...)
Il primo aspetto che colpisce di quest'uomo è la consapevolezza della propria piccolezza. E' vero che il centurione si trova nella situazione di chi grida il proprio dolore e ha bisogno  di essere aiutato... tuttavia avrebbe anche potuto agire in modo diverso. Ufficiale dell'esercito d'occupazione avrebbe potuto... convocarlo d'autorità ed esigere un intervento... Ecco che invece di mette lui stesso in cammino - un'intera giornata di viaggio - per andare incontro a Gesù. Non solo, ma percepisce di non avere il minimo diritto su Gesù, di non poter neppure esigere una sua visita: è un semplice pagano! Quando Gesù gli annuncia, come cosa scontata, che ha intenzione di spostarsi per guarire il suo servo, la sua realzione sgorga spontanea: 
"Signore non sono degno che tu entri sotto il mio tetto"
Il secondo elemento che colpisce nell'atteggiamento del centurione è la sua fiducia illimitata in Gesù (...): ha capito che Gesù stava per compiere qualcosa per lui. E' già molto di più che il credere che nella potenza di guarigione di Gesù o nel messaggio che annuncia: credere che Gesù farà qualcosa perchè è ben disposto verso di lui dimostra che il cuore del centurione si è aperto a Gesù. Si tratta forse già di un inizio di amicizia: una fiducia simile colpisce Gesù molto profondamente. (...)
Il centurione infine è scosciente della potenza che risiede nella parola di Gesù
"Dì soltanto una parola e il mio servo sarà guarito"
 Pensa che sia inutile che Gesù venga di persona: basta che dia un ordine (...)
Il centurione, con la sensibilità tipica del soldato romano, si avvicina già moltissimo all'abbandono e all'obbedienza di fede che ogni ebreo cerca di vivere nei confronti della Parola di Dio e della potenza che vi si cela.


Andrè Louf
tratto da "Sotto la guida dello Spirito"  Ed. Qiqajon