23/08/13

L'abbandono alla divina provvidenza - J.P. de Caussade

Dio parla ancor oggi come parlava un tempo ai nostri padri, quando non c'erano né direttori né metodi. L'ordine di Dio manifestato ad ogni momento costituiva tutta la spiritualità (...). Si sapeva soltanto che ogni momento reca con sé un dovere che si deve adempiere con fedeltà, e questo era sufficiente per le persone spirituali di allora, e tutta la loro attenzione vi si concentrava costantemente. (...)
Tali erano i moventi segreti del comportamento di Maria, la più semplice e la più abbandonata delle creature. La risposta che diede all'angelo, quando si limitò a dirgli: Fiat mihi secundum verbum tuum, esprime tutta la teologia mistica dei suoi avi. Tutto si riduceva, come adesso, al più puro e semplice abbandono dell'anima alla volontà di Dio sotto qualunque forma si presentasse. (...) Era questa divina volontà che la guidava in tutto: le sue occupazioni, sia che fossero comuni o particolari, ai suoi occhi non erano che ombre più o meno luminose nelle quali ella trovava costantemente il motivo di glorificare Dio e di riconoscere le operazioni dell'Onnipotente. (...) Ben poco questa realtà straordinaria appare però nella santa Vergine; almeno non è quello che la Scrittura mette in risalto di lei. la sua vita ci è presentata esteriormente in modo molto semplice e comune. maria fa e soffre quello che fanno e soffrono le persone della sua condizione: va a visitare la cugina Elisabetta e come lei ci vanno gli altri parenti. Va a farsi iscrivere a Betlemme, e anche gli altri ci vanno e trova rifugio in una stalla, in conseguenza della sue povertà. Ritorna a Nazareth, da cui l'aveva allontanata la persecuzione di erode, e qui Gesù e Giuseppe vivranno del loro lavoro assieme a lei. Ecco il pane quotidiano della sacra Famiglia.
Ma di quale pane si nutre la fede di Maria e di Giuseppe, qual'è il sacramento dei loro sacri momenti? (...) Quello che è visibile è simile a quanto accade a tutti gli altri uomini; ma l'invisibile che la fede scopre e riconosce è Dio stesso che opera cose grandissime. (...) Tu dai Dio sotto apparenze vili come una stalla, la mangiatoia, il fieno, la paglia. Ma a chi ti dai? Esurientes implevit bonis. io si rivela ai piccoli nelle più piccole cose, mentre i grandi, limitandosi all'esteriorità, non lo scoprono nemmeno nelle grandi.
Ma qual'è il segreto per trovare questo tesoro, questo granello di senape, questa dracma? Non c'è nessun segreto; questo tesoro è dovunque e si offre a noi in ogni tempo, in ogni luogo. Non solo Dio, ma tutte le creature, amiche e nemiche, lo versano a piene mani e lo fanno scorrere attraverso tutte le facoltà dei nostri corpi e delle nostre anime fino al centro dei nostri cuori: apriamo la bocca ed essa ne sarà riempita. L'azione divina inonda l'universo, penetra in tutte le creature, le colma di sé; dovunque esse sono le c'è; le precede, le accompagna, le segue. Si tratta solo di lasciarsi trasportare dalle sue onde. (...)

C'è un tempo in cui l'anima vive in Dio e ce n'è uno nel quale Dio vive nell'anima. (...) Quando Dio vive nell'anima, questa deve abbandonarsi totalmente alla sua provvidenza; quando l'anima vive in Dio, essa si munisce con cura e con regolarità di tutti i mezzi che ritiene in grado di condurla a questa unione. Tutti i suoi pensieri, le sue letture, i suoi programmi, le sue revisioni, sono fissati; è come se avesse una guida al fianco da cui tutto è regolato, perfino il tempo di parlare.
Quando Dio vive nell'anima, essa non ha più niente che le venga da se stessa. Non ha che quello che le dà, in ogni momento, il principio che la sorregge: nessuna provvista, non più vie tracciate; è come un bambino che viene condotto dove si vuole e che ha solo il sentimento per distinguere le cose che gli si presentano. Non ci sono più libri indicati per quest'anima; molto spesso essa è priva di un direttore fisso e Dio la lascia senz'altro appoggio che lui solo. La sua dimora è nelle tenebre, nell'oblio, nell'abbandono, nella morte e nel nulla. Sente i suoi bisogni e le sue miserie senza sapere da dove né quando le verrà il soccorso. Attende in pace e senza inquietudine che venga chi l'assisterà, i suoi occhi guardano soltanto il cielo. E Dio, che non potrebbe trovare nella sua sposa disposizioni più pure di questa totale rinuncia a tutto quello che essa è - per non essere che per grazia e per operazione divina - le fornisce al momento opportuno i libri, i pensieri, la conoscenza di se stessa, gli avvertimenti, i consigli, gli esempi dei giusti. 
Tutto quello che le altre anime trovano con la loro iniziativa, quest'anima lo riceve nel suo abbandono, e ciò che le altre conservano con precauzione per ritrovarlo al momento opportuno, quest'anima lo riceve al momento del bisogno e poi lo abbandona, non volendo possedere se non quello che Dio vuol concederle, per non vivere che per mezzo di lui. Le altre intraprendono per la gloria di Dio un'infinità di cose; questa spesso è in un angolo della terra come un coccio di vaso rotto da cui non si può più trarre alcuna utilità. Lì quest'anima abbandonata  dalle creature (...)spesso ignora a che possa servire, ma lo sa bene Dio. Gli uomini la credono inutile e le apparenze favoriscono questo giudizio; ma non è meno vero che, attraverso risorse segrete e canali sconosciuti essa spande un'infinità di grazie su molte persone che spesso non se ne rendono conto e alle quali lei stessa non pensa.
Tutto è efficace, tutto predica, tutto è apostolico in queste anime solitarie. Dio conferisce al loro silenzio, al loro riposo, al loro oblio, al loro distacco, alle loro parole, ai loro gesti, una certa efficacia che opera nelle anime a loro insaputa. E poiché esse sono influenzate dalla presenza occasionale di mille creature di cui la grazia si serve per istruirle quasi inconsciamente, così a loro volta servono da sostegno, da guida a parecchie anime, senza che vi sia nessun legame palese né un impegno esplicito per ciò. e' Dio che opera in loro, ma con interventi imprevisti e spesso sconosciuti: (...) esse non percepiscono affatto il fluire di questa potenza e nemmeno vi contribuiscono con la loro cooperazione. Sono come un profumo nascosto che si avverte senza conoscerlo e che ignora  esso stesso la propria virtù. (...)
Si tratta dunque di una dipendenza dal beneplacito di Dio e di una passività continua per essere e per agire mossi dalla volontà divina.  Bisogna sottolineare bene che si tratta della sua volontà nascosta, della sua volontà improvvisa, occasionale e, potremmo dire, imprevedibile. La chiamerò, se volete, volontà di pura provvidenza, per distinguerla da quella che ci indica i doveri precisi da cui nessuno si deve dispensare. (...)
Da questo deriva che la loro vita, benché molto straordinaria, non presenta tuttavia niente che non sia comune e del tutto ordinario (...). Anche se le osserviamo nelle altre cose, niente, appare di notevole né di particolare; sono totalmente immerse nel corso degli avvenimenti ordinari e quello che potrebbe distinguerle non cade sotto gli occhi.  
E' questa continua dipendenza che le vincola alla volontà suprema, che sembra disporre tutto per loro. Questa volontà le rende costantemente padrone di se stesse mediante la sottomissione abituale del loro cuore. Questa volontà, inoltre, sia che esse vi cooperino espressamente, sia che vi obbediscano senza accorgersene, le impegna al servizio delle anime. 
Non vi sono né onori né vantaggi per un tale compito, svolto nella più grande inutilità agli occhi del mondo.  (...)
Mi sembra che sia facile concludere da tutto ciò che queste anime abbandonate non possono, come le altre, occuparsi di desideri, di ricerche, di sollecitudini, né legarsi a certe persone, entrare in certi progetti, prescriversi certi sistemi metodici o schemi studiati di parlare, di agire, di leggere. Tutto ciò presupporrebbe che possano disporre ancora di se stesse, cosa che la situazione di abbandono in cui si trovano esclude di per sé. E questo uno stato in cui si arriva ad appartenere a Dio attraverso una cessione piena e totale di tutti i propri diritti su se stessi: sulle proprie parole, azioni, pensieri e comportamenti; sull'impiego del proprio tempo e su tutte le situazioni che possono prodursi. Una sola cosa rimane da fare, ed è quella di aver sempre gli occhi fissi sul Signore che si è scelto e di restare incessantemente in ascolto per intuire e conoscere la sua volontà ed eseguirla con prontezza. (...)
Si lascia dunque agire Dio in tutto, non riservando per sé che l'amore e l'obbedienza al dovere presente; e su questo punto l'anima agirà senza mai stancarsi. Insomma, quest'anima è attiva in tutto quello che le prescrive il dovere presente, ma passiva e abbandonata per tutto il resto in cui non mette niente di suo se non l'attendere nella pace la mozione divina.
Niente è più sicuro di questa semplice via, come non c'è niente di più chiaro, di più facile, di più dolce, né di meno soggetto all'errore e all'illusione. (...) Per tutto il resto si manterrà in una totale libertà, sempre pronta a obbedire alle ispirazioni della grazia non appena si faranno sentire, pronta sopratutto ad abbandonarsi alle sollecitudini della Provvidenza. (...)
Di quando in quando si troveranno delle persone verso le quali, senza conoscerle e senza sapere donde vengono, si sentirà una segreta fiducia ispirata da Dio nel tempo della privazione: è questo un segno che egli vuole servirsene per comunicare alle anime qualche nuova luce, anche se soltanto in modo passeggero.
Esse allora chiedono consiglio e seguono con estrema docilità quanto viene loro suggerito; ma in mancanza di quest'aiuto si attengono alle norme che sono state date loro dal primo direttore spirituale. così sono sempre realmente dirette, o attraverso gli antichi principi ricevuti un tempo, o ad opera di questi consigli occasionali, e si affidano ad essi fino a che Dio non manderà delle persone a cui affidarsi nuovamente del tutto, o le toglierà da questo mondo dopo che hanno camminato nell'abbandono guidate solo da lui.

tratto da
Jean-Pierre de Caussade, "L'abbandono alla divina provvidenza"