29/06/13

La lettera perduta - Paolo Curtaz

In una immaginaria lettera andata perduta nei tempi, e poi recentemente ritrovata, S. Paolo, l'apostolo delle genti. racconta la sua conversione e il suo cammino di fede... 




«Ripenso spesso a quel momento. Come ogni momento iniziale, Quel momento ha rappresentato l’inizio di una vita nuova, completamente diversa per me. Molte volte, in questi anni, mi sono chiesto se non si sia trattato di una suggestione, se io non abbia davvero preso un colpo di sole.
E invece no, fratelli in Cristo: il Signore che stavo perseguitando si è degnato di manifestarsi al mio cuore.

Vorrei chiarire alcune cose semplici.
Molti cercano apparizioni e miracoli, pensando che Dio debba necessariamente manifestarsi in modo straordinario. Forse anch’io, nei primi tempi, pensai a qualcosa del genere, che, cioè, ogni uomo doveva fare un’esperienza straordinaria e miracolosa per incontrare Dio. 
Poi, però, capii che la manifestazione più straordinaria è quella del cuore. Gli occhi ingannano, il cuore no. Noi fissiamo il cuore sulle cose invisibili che durano sempre, perché quelle visibili scompaiono.
I miei compagni non videro nulla forse perché, semplicemente, non c’era nulla da vedere.
Io vidi tutto forse perché, semplicemente, era giunto per me il tempo di vedere.
Dio è così: aspetta il momento giusto per farsi vedere.

Ho nuovamente raccontato la mia conversione perché desidero che ognuno di voi incontri personalmente il Signore.
Preso dall’entusiasmo, all’inizio, pensavo che a tutti sarebbe successo come a me. Poi, col passare degli anni, capii che Dio non si lascia mettere in gabbia, nemmeno dai suoi discepoli. 
Incontrando Cefa a Gerusalemme, e gli altri, mi feci raccontare la loro conversione: Pietro e Andrea conobbero il Maestro pescando!, Levi mentre riscuoteva le tasse, Giovanni su suggerimento del Battezzatore, e così via. Ognuno aveva incontrato il Maestro in maniera diversa.
Poi, Quando iniziai la mia predicazione di apostolo, mi meravigliai nel vedere come la grazia di Dio attraversasse i cuori in maniera inattesa: Luca il medico si convertì ascoltando le mie parole, così come Lidia e Aquila e Nicanore. Altri, penso a Moses e a Terzio, conobbero Gesù servendo i poveri e le vedove. Alcuni, penso a Felicita, mi dissero di avere incontrato Gesù nelle parole di sua madre Mariam, quando era con Giovanni a Efeso; altri ancora, penso a Lucio Flavio, lo trovarono nel silenzio e nella preghiera.
Così ho capito che Dio si fa incontrare in molti modi, in maniera diversa e non sta a noi stabilire i tempi e i momenti. le circostanze.
L’importante, come disse Gesù, è che le lampade del desiderio siano accese.

Ma io, persecutore, desideravo Dio?
No, credo di no. 
Avevo fatto delle mie convinzioni e della mia arroganza il mio dio.
Eppure egli, per un misterioso ed imperscrutabile disegno, seppe leggere in quell’afflato crudele e violento un desiderio nascosto di assoluto. 
Nascosto anche a me stesso.

La conversione
"Conversione di Saulo", il Caravaggio
Ogni conversione è una storia da raccontare, ogni incontro con Dio è una testimonianza del suo amore per tutti noi. Molti tra voi, fratelli provenienti dal paganesimo, pensano che la conversione sia passare dal non credere al credere, dall’adorare false divinità al riconoscere il volto del vero Dio.
A volte è così. 
Per me, invece, la conversione fu tanto più eclatante quanto più difficile: io credevo di credere, ero certo delle mie convinzioni, non dubitavo nulla e di nulla. 
Quanto è più difficile convertire un credente
Quanto è più difficile convertire un devoto zelante che crede di conoscere Dio quale ero io!
Dio ha dovuto urlare, farmi inciampare nelle mie sicurezze, che mi avevano portato a diventare un violento nel suo nome, per farsi riconoscere.
State vigilanti, fratelli nel Signore: anche a noi discepoli può succedere di diventare arroganti, di essere certi di possedere la verità, di guardare con disprezzo a coloro che non si comportano come noi.
Quando Gesù si scagliava contro le certezze di noi farisei, stava parlando ad ogni credente di ogni tempo: anche nel suo nome potremmo tornare a chiudere il cuore, a stravolgere il Vangelo, a rinchiudere Dio in una gabbia.
In questi anni di gioia e di fatica l’ho visto con i miei occhi: l’unico vero discepolo è colui che, pur avendo conosciuto Dio, sa di non sapere; pur avendolo amato, sa di poter amare ancora; pur seguendo le sue leggi, sa di non potersene fare scudo.

Un’altra cosa ho capito, col passare degli anni: la conversione dura tutta la vita.
Non avviene in un momento puntuale, non accade una volta per sempre.
Quando fui battezzato dal fratello Anania, visibilmente timoroso e impacciato, reso tale per effetto della mia triste fama, pensai che le cose sarebbero state chiare e semplici da allora in poi. Ora, vecchio e stanco, pronto a dare la mia vita per il Signore, guardandomi indietro mi rendo conto di quanto io sia cambiato in questi anni di predicazione.
Molte volte le mie certezze sono state messe in discussione, dagli eventi, dai nemici, dai fratelli. E più conoscevo l’inesprimibile mistero della Redenzione e più capivo di non avere ancora capito. Questo vi suggerisco, amati nel Signore che vorrei ancora dare alla luce e offrire a Dio: non rassegnatevi mai, non abituatevi, neppure ad una vita santa
Cercate il Signore, sempre».


Paolo Curtaz,   da «La lettera perduta»