«... Nel frattempo, venuto a mancare il vino, la madre di Gesù disse: "Non hanno più vino"» (Gv 2,3)
Vede che... non vediamo.
La Madre dell'attenzione non soltanto nota che sta esaurendosi il vino, ma si accorge che gli interessati... non si accorgono di nulla. Non vedono o, forse, non vogliono vedere.
Anche a noi, oggi, succede la stessa cosa.
Sono tante le cose che ci mancano. Ma il fenomeno più preoccupante è dato dal fatto che ci manca la capacità (o il coraggio) di vedere ciò che ci manca. E' lo sguardo che ci manca.
I nostri occhi non funzionano, sono malati.
Malati di distrazione.
Il nostro, troppo spesso, è uno sguardo distratto.
Sguardo distratto è quello concentrato unicamente su di sé.
Per cui vediamo esclusivamente il nostro piatto, il benessere individuale, il portafoglio, il piacere personale, le nostre esigenze, i diritti, le nostre comodità, i nostri programmi. (...)
L'egoismo costituisce una delle malattie più perniciose che possano colpire gli occhi. Chi è dominato dall'amor proprio, dall'ossessione di brillare, imporsi all'attenzione, riscuotere apprezzamenti e vantaggi, non riesce più a vedere Dio e il prossimo.
Un altro sintomo preoccupanti di occhi distratti si manifesta attraverso la tendenza a vedere soltanto ciò che dovrebbero fare gli altri, e a ignorare ciò che dovremmo produrre noi. Sempre pronti a cogliere le inadempienze altrui, e restii ad ammettere le nostre. (...)
Qunaod c'è qualcosa che non va, la prima e unica cosa che vediamo è che... tocca agli altri provvedere. «Manca il vino... E' una vergogna! Chissà se qualcuno si muove...».
Uno sguardo "chiuso".
E poi dobbiamo ammettere: il nostro è uno sguardo poco caritatevole. Facciamo fatica a convincerci che la carità comincia dallo sguardo. Che il prossimo entra in casa nostra attraverso la porta degli occhi. Un certo sguardo può essere il segnale inequivocabile di accoglienza, oppure la porta sbattuta in faccia all'altro.
Non c'è solo lo sguardo di ostilità, di odio. C'è anche lo sguardo di indifferenza che può ferire, o addirittura uccidere.
Sì, l'indifferenza è, in fondo, un messaggio omicida. Quasi a dire: «Per me tu non esisti». Ignorare una persona, evitarla ostentatamente, significa in pratica negarle il diritto alla vita. (...)
Abbiamo bisogno di uno sguardo diverso.
Diceva Simone Weil: «Una delle verità fondamentali del cristianesimo, verità troppo spesso misconosciuta, è questa: ciò che salva è lo sguardo».
Ci sono due pagine del Vangelo in cui riscopriamo l'importanza dello sguardo come mezzo privilegiato adottato dal Cristo per recuperare "ciò che era perduto". Zaccheo, prima di tutto (cfr. Lc 19,1-11).
Zaccheo è stato salvato, senza dubbio, da uno sguardo.
Tutto l'episodio che lo riguarda è articolato sul "vedere".
Lui che cerca Gesù di "vedere" Gesù, ma non ci riesce, perché la folla glielo impedisce. E allora si arrampica su un albero «per poterlo vedere». Ma, più che vedere, "viene visto".
Gli altri che "vedono male" («vedendo ciò, tutti mormoravano...»). E il Cristo che vede "diverso".
Anche gli altri tenevano lo sguardo puntato su Zaccheo. (...)
Ma che cosa vedevano in lui? Vedevano il peccatore, l'odioso e avido esattore delle imposte, il ladro. (...)
Lo sguardo di Cristo è diverso. E' uno sguardo che non si ferma alla crosta dei difetti, ma la rompe, penetra in profondità.
E proprio lì, in quella zona di mistero, che i curiosi e malevoli non hanno mai saputo esplorare, Gesù trova... un altro. Scopre uno che doveva ancora nascere, venire alla luce. (...)
Sì, Gesù ha creduto in Zaccheo. E gliel'ha comunicato con lo sguardo, quello sguardo che l'ha fatto scendere, anzi, precipitare dal ramo su cui si era appollaiato.
La fede di Zaccheo è nata "dopo". Precedente c'è stata la fede del Cristo. Il Cristo, infatti, ha creduto in lui, quando gli altri ormai l'avevano giudicato e liquidato definitivamente come uno da cui stare alla larga.
Uno sguardo liberatore.
E poi l'episodio della donna adultera (cfr. Gv 8,1-11).
Quando solleva gli occhi, l'adultera vede Uno che la guarda in modo "nuovo". Non aveva mai visto un uomo osservarla in quella maniera.
Finora aveva fatto esperienza di due tipi di sguardo. Quello della cupidigia, del desiderio, del possesso. E quello, severo, della condanna. (...)
Ora i suoi occhi si incrociano con gli occhi di un Uomo che non "vede" in lei né un oggetto di piacere, né un bersaglio per i sassi di una sentenza crudele.
Lo sguardo del Cristo è, in un certo senso, creatore. Chiama all'esistenza una persona. Risveglia il suo essere autentico, reale. Lo sguardo del Cristo non si rassegna al "poco di buono". Si ostina a cercare, in mezzo alle macerie, all'immondizia, per mettere in luce, il molto di buono, il meglio che c'è in ogni persona.
Il guaio di non vedere il prossimo più vicino.
Una deformazione abbastanza frequente nella nostra vista fa sì che, nel campo della carità, vediamo il prossimo "lontano", ma non riusciamo a vedere quello "vicino". Non abbiamo difficoltà a vedere il bambino africano dal ventre gonfio per la denutrizione, ma trascuriamo la persona che ci sta accanto, e che non ce la fa' più, è scoraggiata, avrebbe bisogno di un sorriso, di un po' di attenzione, di una minuscola delicatezza. C'è chi "vede" il carcerato e trova il tempo di scrivergli. Ma non si ricorda di far trovare un bigliettino al marito il giorno del suo compleanno.
Dobbiamo implorare dalla Madonna la grazia di poter vedere le persone che ci stanno davanti agli occhi. Perché a forza di essere vicine, rischiano di diventare invisibili.
Uno sguardo purificato.
Il nostro sguardo dev'essere uno sguardo libero, perché purificato. Libero perché ha sfondato la prigione del proprio egoismo, delle proprie comodità, della propria indifferenza, dei propri interessi, per aprirsi all'altro in un atteggiamento di disponibilità, accoglienza, simpatia, discrezione, cordialità, delicatezza, benevolenza.
Libero dalle lenti deformanti dei pregiudizi, delle prevenzioni, dei sospetti, della diffidenza.
Libero da ogni istinto di separazione e discriminazione. (...) «Guardami... perché io sappia se esisto» (cit.).
Le persone che il nostro sguardo rifiuta saranno condannate, forse, a portare per tutta la vita un marchio di solitudine.
Uno sguardo libero è uno sguardo che non si limita a sfiorare le persone che incontra.
Non è sfuggente. Sa fermarsi e accogliere.
E' necessario che, ogni mattina la Madonna ci aiuti a purificare il nostro sguardo. Si tratta di:
- svincolarlo da ogni istinto di possesso;
- disarmarlo dai vari elementi di ostilità, aggressività, malignità, rancori, durezza;
- ringiovanirlo, restituendogli la capacità di stupore e di meraviglia che fa nuove le cose, e ridandogli il gusto della scoperta dell'altro;
- renderlo attento all'altro. Capace di vedere l'altro come io vorrei essere veduto.
don Alessandro Pronzato
tratto da "C'era la Madre di Gesù.
A Cana, con Maria, per scoprire quello che ci manca"
Le persone che il nostro sguardo rifiuta saranno condannate, forse, a portare per tutta la vita un marchio di solitudine.
Uno sguardo libero è uno sguardo che non si limita a sfiorare le persone che incontra.
Non è sfuggente. Sa fermarsi e accogliere.
E' necessario che, ogni mattina la Madonna ci aiuti a purificare il nostro sguardo. Si tratta di:
- svincolarlo da ogni istinto di possesso;
- disarmarlo dai vari elementi di ostilità, aggressività, malignità, rancori, durezza;
- ringiovanirlo, restituendogli la capacità di stupore e di meraviglia che fa nuove le cose, e ridandogli il gusto della scoperta dell'altro;
- renderlo attento all'altro. Capace di vedere l'altro come io vorrei essere veduto.
don Alessandro Pronzato
tratto da "C'era la Madre di Gesù.
A Cana, con Maria, per scoprire quello che ci manca"